Raggruppiamo sotto la denominazione di tools filosofici i diversi strumenti di pensiero di volta in volta usati e/o inventati dai diversi filosofi nel corso della lunga storia della filosofia – e non solo necessariamente occidentale. Caratteristica tipica della filosofia, infatti, è la validità di lungo periodo dei suoi strumenti o procedure di pensiero – che in genere non scadono – a fronte caso mai della variazione nel tempo dell’adeguatezza dell’applicazione di questo o quello strumento alle diverse situazioni. L’utilizzo dei tools filosofici costituisce solo in una certa misura una vera e propria pratica filosofica, nel senso che con essi si acquisiscono per così dire i fondamentali della pratica stessa, un po’ come sapere usare pialla, sega e martello costituisce un apprendimento di base per il mestiere di falegname. D’altra parte è anche vero che senza un’expertise nei tools filosofici riesce difficile fare pratica filosofica, e pure, se vogliamo, pensare generalmente in modo chiaro, corretto ed efficace: vi sono molte situazioni, sia aziendali che personali in cui la semplice conoscenza dell’esistenza di una logica che non comporti il terzo escluso, per esempio, o la conoscenza della differenza tra condizione necessaria e condizione sufficiente, per fare un altro esempio, eviterebbe tante inutili discussioni e perdite di tempo.  In generale i philosphical tools sono applicabili in tutte le situazioni in cui non è soddisfacente una risposta scientifica o routinaria a un problema.

Come si svolge: un apprendimento in tools filosofici si può svolgere in molti modi, dalla lezione universitaria classica fruibile in una facoltà di Filosofia al laboratorio più esperienziale che si possa immaginare. In ambito organizzativo di solito si privilegia una pratica che comporti la relazione con problematiche e casi reali, tratti magari dalla vita dell’organizzazione stessa, sui quali ci si esercita nell’applicazione di tools filosofici, che vengono poi definiti e sistematizzati: si segue in questo caso l’orientamento verso la circolarità del ciclo esperienza-concettualizazione-esperienza che caratterizza nel loro complesso le pratiche filosofiche.

Cosa accade: per quanto riguarda il processo, dipende dalla modalità più o meno esperienziale con cui si programma l’apprendimento: se per esempio si utilizza una modalità fortemente interattiva come la Comunità di Ricerca, gli effetti del training beneficeranno delle specificità del metodo. Per quanto riguarda i contenuti, invece, senza scendere troppo nello specifico, possiamo dire che un training in philosophical tools consente di:

  1. Conoscere e sapere applicare le caratteristiche e lo stile operativo del pensiero filosofico: continuo reframing, interrogazione ricorsiva, esplorazione dei limiti concettuali, esperimenti mentali e controesempi, decostruzione, ricreazione e creazione  di concetti, confronto continuo con l’esperienza e la coerenza del discorso.
  2. Conoscere e sapere applicare alcuni strumenti specifici relativi a: a) modi organizzare il discorso, ovvero tutto quanto attiene alla logica, alla retorica e alla teoria dell’argomentazione; b) la costruzione della conoscenza, ovvero tutto quanto attiene a ciò che sappiamo del  mondo (ontologia), ciò che riteniamo vero e a quali condizioni lo riteniamo vero (epistemologia); c) ciò che riteniamo ragionevole o giusto fare (filosofia pratica, etica, uso della phronesis); d) i contributi (a volte sorprendenti) che ci può dare l’estetica, ovvero la teoria dell’arte e della bellezza.
  3. Conoscere e sapere applicare alcuni concetti e/o strumenti filosofici propri di specifici filosofi e scuole di pensiero, come tra gli altri per esempio: essenzialismo (che cos’è?), trascendentalismo (a che condizioni può esistere?), dialettica (come gli opposti si evolvono in una sintesi?), fenomenologia (come si mostra, sospendendo i giudizi che ne diamo?), metodo analitico (cosa ne viene detto?), ermeneutica (cosa nasconde, implica, non dice?), decostruzione (cosa deve escludere?), genealogia (come si è formato?), falsificazionismo (cosa può renderlo non vero?), strutturalismo (di quale tutto organizzato è parte?), archeologia (quale origine suppone?).